mercoledì 11 aprile 2012

Due giorni a Venezia: un giro "alternativo"_1°parte


Laboratorio di Restauro dell' Architettura.
Circa un mese fa sono stata con l'università due giorni a Venezia.
In pochi giorni abbiamo scelto la combinazione di treni regionali e l'hotel, valutando il costo e la posizione in base all'itinerario in programma.
Ero già stata a Venezia, un giro alla Biennale e poi in Piazza San Marco, ma questa volta l'ho "vissuta" un po' di più, girovagando tra le sue calli, fondamente e rii.
Arrivati lunedì 12 marzo alla stazione S.Lucia, ci siamo diretti alla Facoltà di Economia Ca'Foscari, nell'area dell' Ex Macello comunale, nella parte più a nord-ovest della Fondamenta di San Giobbe, per vedere come un'area abbandonata e inutilizzata (un vero spreco per Venezia) sia stata magistralmente riqualificata e valorizzata dagli architetti Ballardini e Spigai (anche ingegnere): quest' ultimo ci ha fatto da guida all'interno del complesso.

Tra virgolette metto il testo che l'efficientissima tutor Arch.Alessia Boscolo Nata ci ha fornito introducendo ogni edificio e cantiere di restauro visitato.

Ex Macello comunale

"Eretto negli anni 1841-43, si tratta di un complesso di bassi corpi di fabbrica disposti a pettine, raccordati tra loro da un elemento continuo. Il lato che prospetta sulla laguna rivolge un fronte neoclassico molto decoroso, che è ben visibile anche da lunga distanza. Il complesso dell’ex macello ospita oggi aule e uffici universitari. Dal 1964, sino alla seconda metà degli anni settanta, si è molto discusso a Venezia sull'opportunità di realizzare a S.Giobbe l'Ospedale progettato da Le Corbusier. La sua costruzione sarebbe avvenuta a seguito della completa demolizione del complesso ottocentesco del Macello e delle aree limitrofe, nonché dell'edilizia minore lungo le calli interne immediatamente adiacenti. Come eco di quel dibattito, da parte di molti permane il rammarico di una grande occasione perduta per l'architettura moderna ma di converso, in quegli stessi anni, l'interesse per l'architettura ottocentesca e industriale prende impulso. In tale contesto controverso si origina il primo Progetto Unitario generale, redatto nel 1986 dagli architetti Ballardini e Spigai, in cui è proposta un'ipotesi per il recupero complessivo dell'area e delle sue costruzioni industriali.


Per quanto concerne le fabbriche ottocentesche dell'ex Macello, sin dalla prima approvazione del progetto, era evidente che alcune delle caratteristiche di difesa dalle acque alte, salubrità, funzionalità interna, accessibilità ai disabili, sicurezza, ventilazione e riscaldamento interno, avrebbero richiesto modifiche che, pur salvaguardano integralmente la struttura edilizia dei capannoni ottocenteschi, avrebbero imposto l'innalzamento delle quote di calpestio dei piani terra, la realizzazione di nuovi corpi-scala. Tutte le parti nuove all'interno dei capannoni sono state previste in struttura metallica; tenute quindi ben distinte dalle strutture murarie antiche e pertanto reversibili e comunque leggibili con chiarezza come parti aggiunte. Tale scelta progettuale ha comportato una ricerca compositiva e tecnica impegnativa e anche costi aggiuntivi, non fosse altro che per la vulnerabilità di tali strutture leggere rispetto ai pericoli d'incendio, per l'interferenza con le canalizzazioni impiantistiche e per i vincoli imposti dal rispetto dei paramenti a facciavista delle murature ottocentesche."


All'estremo opposto, a sud, si trovava la nostra seconda tappa:
Punta della Dogana.



"Il robusto manufatto eretto tra il 1677 e il 1682 dall'architetto Giuseppe Benoni, noto come Punta della Dogana, si protende nel bacino di San Marco, a dividere il Canal Grande dal Canale della Giudecca, come fosse la prua di una nave. L’edificio venne restaurato e ampliato negli anni 1835-38, con l’inserimento dei monumentali portali in pietra e nascondendo con un’alta fascia muraria il susseguirsi dei tetti a capanna dei magazzini. Sopra la torretta dell’edificio sta una grossa, splendente sfera dorata, sostenuta da due figure maschili accovacciate, due Atlanti, sormontata da un’esile figura bronzea. Questa statua, rappresentante la Fortuna, tiene in mano uno scudo e gira su se stessa, facendo perno su di un piede, a seconda dello spirar dei venti. Opera dello scultore Bernardo Falcone, che ha saputo magistralmente interpretare la mutevolezza della dea bendata in questo continuo, vario, volubile, imprevedibile movimento. E’ certamente questo uno dei posti più suggestivi dell’intera città. Vi si aprono, infatti, dinanzi lo splendido bacino di San Marco con l’isola di San Giorgio, a destra il Canale della Giudecca e a sinistra il Canal Grande. Le mirabili architetture, alcune palladiane, fanno da sfondo a questo panorama assolutamente incantevole. I primi disegni del progetto di Tadao Ando per Punta della Dogana mostrano l’intento di conservare il montaggio caratteristico dei magazzini affiancati e linearmente disposti tra le rive del Canal Grande e del Canale della Giudecca. Realizzando imponenti lavori di rifondazione della fabbrica per porla al riparo sia dall’umidità sia dagli affetti delle alte maree e prevedendo di riconfigurare i soppalchi esistenti, il fine del progetto era quello di attrezzare tutto lo spazio dell’edificio. In posizione più o meno baricentrica rispetto all’impianto triangolare del complesso, Ando ha immediatamente previsto di inserire un nuovo spazio a tutta altezza, una sorta di perno posizionato all'interno di uno dei magazzini mediani, da realizzarsi in cemento armato lisciato e lucido, ormai riconosciuto come una cifra delle sue costruzioni. Successivamente questo asse intorno al quale ora ruotano gli spazi espositivi e al quale riconducono i percorsi, ha assunto la configurazione di un cubo che attraversa verticalmente l’ambiente in cui è attualmente collocato. Nel continuo, diffuso tessuto degli interventi di restauro, volti ad eliminare le invadenti superfetazioni che negli anni erano venuti affliggendo il complesso di Punta della Dogana, gli inserimenti di nuovi setti, scale, percorsi, spazi di servizio appaiono come accadimenti puntuali. Tra l’antico corpo di fabbrica e questi interventi non si osservano mediazioni né passaggi mimetici, bensì continui accostamenti, quasi Ando abbia deciso di incastonare tra le innumerevoli stratificazioni che formano l’antico edificio dei volumi e dei piani che le separano e le offrono così ordinate come uno spettacolo da godere prodotto dallo scorrere del tempo. Infine, ha scelto di affiggere griglie sulle alte porte affacciate sui fronti acquei modellate come esplicite citazioni di quelle realizzate da Carlo Scarpa. Fatte di acciaio e di vetro, benché pensate in modo molto moderno, vengono dall'artigianato veneziano. Leitmotiv del restauro l'unione, la ricerca del collegamento, tra passato e futuro."

Spazio ampio e suggestivo ma, anche se l'interesse per la collezione Pinault c'era, girando per le sale questo man mano se ne andava...Ammetto la mia ignoranza verso ciò che, con estrema fatica e repulsione, devo chiamare Arte (postmoderna?), ma sono stata ben più affascinata dalle viste che si aprivano dagli ampi finestroni delle sale!

Terza tappa della giornata sono stati i Magazzini del Sale, poco distanti della visita precedente.

"I Magazzini del Sale sono nove enormi depositi in muratura, posti a batteria, con coperture a capriate, realizzati nel corso del Trecento per conservare quelle che per secoli è stato il prodotto della più fiorente e remunerativa industria veneziana, cioè il sale. Particolarmente eleganti i nove grandi portali ad arco, d’ispirazione neoclassica e del tutto simili a quelli della vicina Dogana. Queste ampie strutture potevano contenere fino a 45.000 tonnellate di prodotto, sono note come “saloni o magazzini del sale”. Questi manufatti sono dal 1960 di proprietà comunale, volti ad usi espositivi. Il progetto al Magazzino del Sale è stato commissionato dalla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova all’architetto Renzo Piano al quale Vedova era legato da una profonda amicizia. Lo spazio del Magazzino è stato rispettato senza
nessun intervento sulle originarie pareti in mattoni né sulle capriate che sostengono la copertura. Sul pavimento in masegni di pietra è stato appoggiato un impalcato in doghe di larice, leggermente inclinato, che accentua la percezione prospettica del Magazzino. Sotto la pedana sono stati alloggiati gli impianti che utilizzano fonti di energia rinnovabili. Nella parte iniziale del Magazzino due grandi pareti divergenti, asimmetriche e diagonali rivestite in doghe di larice come il pavimento, a tutta altezza, accolgono i visitatori e contengono le attività di servizio: biglietteria, guardaroba, servizi igienici etc. Nella parte finale del Magazzino sono archiviate, perfettamente allineate nella apposita struttura metallica, le opere. Al centro delle capriate e per quasi tutta la lunghezza dell’edificio è fissato un binario lungo il quale si muovono dieci navette robotizzate. Comandate elettronicamente, dotate di bracci mobili ed estensibili e di un argano che ne
permette differenti altezze, prelevano le opere dall’archivio, le portano nello spazio espositivo e le posizionano nel punto previsto."

Non tutte le opere di Vedova mi sono piaciute ma sono rimasta moooolto interessata dal meccanismo messo in opera da Piano! L'ha studiata proprio bene!;)

Infine, da lì ci siamo diretti in una sede dello IUAV, vicino al molo di San Basilio, anche qui per vedere cosa ha comportato il cambio di destinazione d'uso.

Finito questo giro, ci siamo date all'aperitivo e alla cena! Spritz a 2 euro al Caffè Rosso nel Campo Santa Margherita. Ne abbiamo presi tre ciascuna...Quando sono arrivati i tutors e il prof si sono proprio seduti vicino a noi...vabbè...fine dell'aperitivo. Siamo abituate ad attingere al buffet ma lì, purtroppo, oltre alle patatine, non c'era nulla. Così, avendo rimasti dei panini, tra noi cinque amiche, ce li siamo spezzettati e divisi: aperitivo più che soddisfacente!:)
Poi pizza. Poi in hotel.

Sunwand

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