Oggi, sala Nervi, penultima udienza generale del pontificato di Benedetto XVI.
fonte: Ansa
"Ho sentito quasi fisicamente in questi giorni per me
non facili l'amore" che mi portate. "Continuate a pregare per me, per
la chiesa per il futuro papa, il signore ci guiderà". Così, parlando a
braccio, il Papa ha concluso un breve discorso prima dell'udienza, in cui ha
ricordato che lascerà il pontificato.
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"Come sapete, ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005", ha affermato Benedetto XVI all'inizio dell'udienza generale, subito interrotto dall'applauso dei presenti. "Ho fatto questo - ha proseguito - in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede". "Mi sostiene e mi illumina - ha detto ancora il Papa - la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura". "Ringrazio tutti - ha aggiunto - per l'amore con cui mi avete accompagnato. Continuate a pregare per il Papa e per la Chiesa".
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"Convertirsi significa non chiudersi nella ricerca del
proprio successo, del proprio prestigio della propria posizione, ma far sì che
ogni giorno, nelle piccole cose" la "verità" e l'amore
"diventino la cosa più importante, grazie". Con queste parole il Papa
ha concluso la sua catechesi in udienza generale.
Giovanna Chirri
Il Papa che ha rinunciato, primo dopo secoli, non è fuggito,
né davanti a strane manovre né davanti alle responsabilità, spiega
l'Osservatore romano, ricordando che da teologo, vescovo, cardinale e Papa
Joseph Ratzinger ha sempre agito "controcorrente" e per annunciare
Gesù alle persone. "Ha preso questa decisione - ha sottolineato dal canto
suo il portavoce vaticano Federico Lombardi - con umiltà, coraggio e saggezza
nel valutare la propria situazione davanti a Dio, questo è uno dei messaggi del
suo gesto che è parlante non solo per la Chiesa, ma per ogni persona".
Vie nuove
La migliore e più trasparente comprensione della Chiesa di
Benedetto XVI avviene nel momento di
massimo stupore e sconcerto dei più: quando il Papa ha deciso di lasciare il
pontificato e ritirarsi a pregare. La sua ponderata e libera decisione — come
accade per tutte quelle che aprono vie nuove nella storia — oggetto di
attenzione e commenti appassionati e vari nel mondo intero, sigilla la coerenza
tra dottrina e pratica cristiana dell’attuale Pontefice. La Chiesa di Benedetto
XVI è una Chiesa della fede cristiana. Non fede generica né astratta o
ideologica, ma in una persona concreta e storica, Gesù di Nazaret, che si
decide di seguire liberamente. Egli resta la sintesi perfetta dell’amore di Dio
per l’uomo che i credenti devono tradurre nell’amore reale, concreto per il
prossimo. Questa direttrice spiega Ratzinger nella sua continuità di pensiero e
azione: come teologo, vescovo, cardinale e Papa.
È stato una sorpresa alla sua elezione quando ispirandosi al
padre del monachesimo in occidente, scelse il nome di Benedetto per rilanciare
l’attualità della sua regola di vita incentrata sul principio che nulla deve
essere anteposto a Cristo. Da Papa, Ratzinger ha sempre diffuso e incoraggiato
questa regola come riferimento primario di ogni cristiano a ogni livello di
responsabilità. E alla luce di questa norma egli si era definito da subito dopo
l’elezione un umile operaio nella vigna del Signore.
Benedetto XVI sorprese ancora con la sua prima enciclica
dedicata all’amore di Dio, considerato con l’amore per il prossimo il
distintivo di quanti credono al vangelo.
Tante altre sono state le sorprese dell’agire controcorrente
di questo Pontefice fino all’ultima: uscire di scena con sconcertante dignità e
naturalezza, cosciente che la barca di Pietro è guidata anzitutto dallo Spirito
di Dio. Da maestro della fede è così passato a testimone della credibilità
delle promesse di Dio al quale merita dedicare la vita intera.
L’eredità di Benedetto XVI è grande già ora. Ma decantata
nel tempo, apparirà ancora più preziosa e compresa di quanto non lo sia stata
finora. Cercare di spiegarla buttandola nel mezzo di oscure manovre da cui
difendersi, sarebbe far torto alla trasparenza intellettuale del Papa. Come non
coglie il segnale alto del suo gesto chi pensa alla sua rinuncia come a
un’evasione dalla responsabilità.
I momenti difficili della Chiesa che non sono mancati
neppure nei suoi otto anni di pontificato, li ha affrontati e superati con
pieno affidamento a Dio e avviando a soluzione questioni annose ricevute in
eredità.
La rinuncia di Benedetto XVI avviene nell’Anno della fede e
nel cinquantesimo anniversario dell’inizio del concilio Vaticano II. Non è una
casuale coincidenza, ma un segno dei tempi, che il Pontefice ha letto per il
bene della Chiesa. Joseph Ratzinger, da giovane teologo ha dato molto alla
riuscita del concilio contribuendo a elaborare importanti testi della storica
assise. In seguito si è adoperato in ogni modo per ricomporre i conflitti
accesi intorno all’interpretazione dell’evento conciliare, prospettando da Papa
la via della riforma della Chiesa. Il concilio non ha inteso cambiare la fede
cristiana ma ripensarla in un linguaggio aggiornato e comprensibile nel mondo
di oggi. Papa Benedetto lo ha fatto con tolleranza, semplicità e coerenza
ricorrendo perfino alle tecniche di comunicazione più innovative pur di
annunciare Gesù Cristo a tutti — si pensi al Cortile dei gentili — e in
particolare alle nuove generazioni. Ha avuto a cuore il futuro della fede
cristiana sulla terra e per questo ha creduto necessario fare un passo che cambierà
molte cose.
c.d.c.