sabato 31 dicembre 2011

Ode alla Vita



Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca, chi non rischia e non cambia il colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande su argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli si chiede qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno
sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare"

Martha Medeiros - Ode alla Vita - (attribuita erroneamente a Pablo Neruda)

mercoledì 28 dicembre 2011

Chi sono io per dire a qualcuno come dovrebbe comportarsi?

Insomma...eccomi a questa tarda ora dopo essermi occupata di storie di cuore, di malanni affettivi, di elucubrazioni mentali infettive! Mi sembra di essere un' infermiera-psicologa affettiva-relazionale...
Lo sono sempre stata ma da un po' di tempo a questa parte avevo i miei problemi a cui badare. Sarà, ma dopo la crisi con Luca ora mi sento pronta ad elargire consigli qua e là, a scialacquare frasi, regole, vademecum; forse dovrei starmene un po' di più al mio posto, dovrei lasciare che gli amici o parenti risolvino le loro questioni a modo loro. Insomma...non mi intrometto, ascolto solo quello che volontariamente loro mi dicono: il problema è quando mi chiedono. Ok...si fidano...ottimo...e se poi sbaglio?
Come faccio a sapere se è bene o male gettare un'amica tra le braccia di qualcuno che non conosci e di cui lei ti fa una testa così? Oppure come si fa a risollevare un cugino quarantenne dalla terza convivenza finita male? O anche...lasciamo stare...
Voglio andare a dormiiiiiiireeeeee..............
Eppure mi fanno inca***re! Lei, così sfuggevole e volubile (che se fossi stato in lui le avrei dati il ben servito da un bel po' di tempo), che si agita se lui poi non le risponde a un messaggio e pensa se sia davvero lei la persona con cui pensare a qualche progetto un domani ; l'altro così orgoglioso da non vedere e non riconoscere i suoi errori, i suoi limiti, le sue mancanze.

So che Luca non è scontato e ho ancora una gran paura di perderlo...credo che l'avrò sempre se sempre l'avrò accanto. Dovrei forse fregarmene del resto, degli altri...in fondo chi sono io per dire a qualcuno come dovrebbe comportarsi?

Sunwand

martedì 27 dicembre 2011

Vieni sempre, Signore


Vieni di notte,
ma nel nostro cuore è sempre notte:
e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni in silenzio,
noi non sappiamo più cosa dirci:
e dunque vieni sempre, Signore…

Vieni, Figlio della pace,
noi ignoriamo cosa sia la pace:
e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni a liberarci,
noi siamo sempre più schiavi:
E dunque vieni sempre, Signore…

Vieni a cercarci,
noi siamo sempre più perduti,:
e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni, tu che ci ami:
nessuno è in comunione col fratello
se prima non è con te, o Signore.

Noi siamo tutti lontani, smarriti,
né sappiamo chi siamo, cosa vogliamo.
Vieni, Signore. Vieni sempre, Signore.

Padre David Maria Turoldo

mercoledì 21 dicembre 2011

Amare il proprio lavoro


Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono.
(…)
E’ malinconicamente vero che molti lavori non sono amabili, ma è nocivo scendere in campo carichi di odio preconcetto: chi lo fa si condanna per la vita a odiare non solo il lavoro, ma se stesso ed il mondo.

Primo Levi - La chiave a stella

lunedì 19 dicembre 2011

Un amico



Ho stretto la mano dell'amico, Signore,
e improvvisamente, di fronte a quel volto
triste e preoccupato,
ho temuto la Tua assenza nel suo cuore.
Sono impacciato come davanti ad un tabernacolo chiuso quando ignoro se Tu vi abiti.

Se Tu non fossi presente, Signore, noi saremmo separati.
Perché la sua mano nella mia non sarebbe che carne su carne, e il suo cuore per il mio,
cuore d'uomo per l'uomo.
Voglio la Tua vita per lui e per me insieme,
perché voglio che il mio amico sia, per Tuo merito,
il mio fratello.

Padre Michel Quoist

domenica 18 dicembre 2011

Itaca



Se per Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia lunga la via,
e colma di vicende e conoscenze.

Non temere i Lestrígoni e i Ciclopi
o Posidone incollerito: mai
troverai tali mostri sulla tua via,
se resta il pensiero alto, e squisita
è l'emozione che ti tocca il cuore
e il corpo. Né Lestrígoni o Ciclopi
né Posidone asprigno incontrerai,
se non li rechi dentro, nel tuo cuore,
se non li drizza il cuore innanzi a te.

Fa voti che ti sia lunga la via.
E siano tanti i mattini d'estate
che ti vedano entrare (e con che gioia
allegra!) in porti sconosciuti prima.

Fa scalo negli impori dei Fenici
per acquistare bella mercanzia,
madrepore e coralli, ebani e ambre,
voluttuosi aromi d'ogni sorta,
quanti piú puoi voluttuosi aromi.
Rècati in molte città dell'Egitto,
a imparare imparare dai sapienti.

Itaca tieni sempre nella mente.
La tua sorte ti segna quell'approdo.
Ma non precipitare il tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni, che vecchio
tu finalmente attracchi all'isoletta,
ricco di quanto guadagnasti in via,
senza aspettare che ti dia ricchezze.
Itaca t'ha donato il bel viaggio.
Senza di lei non ti mettevi in via.

Nulla ha da darti piú.

E se la troverai povera, Itaca non t'ha illuso.
Reduce così saggio, così esperto,
avrai capito che vuol dire un'Itaca.

Costantino Kavafis

sabato 17 dicembre 2011

Rimani



Rimani Rimani! Riposati accanto a me. 
Non te n' andare. 
Io ti veglierò. Io ti proteggerò. 
Ti pentirai di tutto fuorché di essere venuta a me,
liberamente, fieramente. 
Ti amo.
Non ho nessun pensiero che non sia tuo
non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te.
Lo sai. Non vedo nella mia vita altra compagna,
non vedo altra gioia... Rimani. Riposati. 
Non temere di nulla. Dormi stanotte sul mio cuore..

Gabriele D'Annunzio

venerdì 16 dicembre 2011

Sorridiiii!


Inizia la tua giornata
con un sorriso.
Vedrai com’è divertente
girare per strada
in contrasto con tutto il mondo.

Quino

mercoledì 14 dicembre 2011

La guerra vista da un soldato


In molti articoli, lettere, mails, raccolte di firme, petizioni ecc., man mano che la scadenza dell'ultimatum si avvicina, compare questa parolina: GUERRA. Una parolina malvagia, ma, come sapeva Giovanni quando scrisse l'Apocalisse e come molti di voi sanno, antichissima. Più che di letteratura si tratta della Storia dell'Umanità. Se toglieste le guerre dai libri di storia, finireste col distruggere i libri stessi. Gli storici non avrebbero di che parlare. L'umanità passa da una guerra all'altra, e le guerre vengono ricordate e narrate non per rifiutarle, per imparare dagli errori, ma per allevare e crescere assassini, massacri umani e bassezze di ogni genere.
Ma qualcuno conosce la guerra dal di dentro? Dall'interno? So che bisogna stare nel rogo per conoscere il dolore di chi sul rogo viene bruciato. So che è necessario stare in una cella dei sotterranei della DINA, o della GESTAPO o del KGB o di quel che volete per sentire il terrore e la solitudine opprimente del terrore.
Per questo voglio raccontarvi qualcosa che ho vissuto, qualcosa che è mio da quasi trent'anni. Qualcosa che non mi fa né più grande né più forte, ma che, al contrario, mi rimpicciolisce e mi soffoca.
La guerra è il disordine delle cose. Il disordine delle cose è una irresponsabilità. La guerra quindi è una irresponsabilità politica, sociale e criminale. Sono stato soldato per quasi 20 anni, sono passato per tutti i tipi di truppa, come membro del corpo dei paracadutisti. Da recluta a ufficiale. Di tutti questi anni ho ricordi di grida, di pianti, di carni straziate, di corpi fatti a pezzi dalla mitragliatrice, o dai proiettili o dalle baionette. Carri armati che spappolavano giovani della mia età, davanti allo sguardo impietrito dei carristi, che, lo so bene, se lo sognano ancora di notte.
La guerra è così. Il fumo che soffoca la gola, che fa bruciare gli occhi, la morte sopra di te, al tuo fianco, sotto di te, attorno a te. Questi figli di mamma, che si sbudellano sul campo di battaglia, per l'onore della loro patria, che ha chiesto loro troppo. Ha chiesto la tua gioventù e tu uccidi, sventri, perché hai solo questo. La tua giovinezza, e la vuoi conservare...non importa a che prezzo.
E uccidi, fai a pezzi, bruci, mitragli, bombardi, perché altrimenti fanno la stessa cosa a te. Accoltelli il tuo prossimo, che l'unico male che ha fatto è stato di nascere nell'altro paese, perché lo ha mandato un ufficiale superiore, che a sua volta è stato mandato da un altro ufficiale comandato a sua volta da un politico di quelli che se non fanno una guerra non entrano nella storia.
Quanti uomini politici conosci che hanno evitato una guerra? Che sono entrati nella storia per evitare una guerra? Lasciamo perdere. Non è questo ciò di cui vogliamo parlare perché non c'è tempo. Il caso vuole però che hai la possibilità di rifiutare di combattere. Ma anche questo ha i suoi codici.
Se sei soldato al fronte e ti rifiuti di ammazzare il nemico vieni immediatamente fucilato. Ti uccidono perché TU non vuoi uccidere!  In guerra, se ne esci vivo, intero o meno, perdi l'anima. Perdi sempre. Non ci sono vincitori in guerra: solo quelli che stanno lontano dal fronte, dal suo fango, loro, quelli che comprano sangue e vendono armi, loro sono quelli che vincono. Gli unici trionfatori.
E che non ti ingannino con la bandiera, con la terra o il sacro suolo della nazione: c'è sempre di mezzo il denaro, c'è sempre un interesse monetario, sempre... E a te nel peggiore dei casi è riservato il tuo pezzetto di terra, due metri per uno per due di profondità. E' quello che ti danno e ai tuoi genitori una medaglia e una pergamena.
E tu cos'hai fatto? Nel frattempo hai massacrato, incendiato, distrutto, ucciso. Ho visto uomini, ridotti a una pira umana, correre, amici miei, e soldati dell'altro campo.
Ho visto molti senza braccia tentare di alzarsi.
Ho visto un ufficiale correre sui moncherini dei suoi piedi, perché una granata gli era scoppiata fra i piedi. Che altro? Ho visto civili. Sai chi soffre di più di quella imbecillità umana che chiamiamo guerra? I bambini. Loro soffrono per l'imbecillità dei grandi, di quelli che dovrebbero proteggerli. Li bombardano col napalm, con esplosivi, li mitragliano, e sai... muoiono anche i bambini, e se non muoiono restano con un gravissimo trauma.
Io li ho visti. Io l'ho fatto. Io ero lì. E per più di 20 anni sono stato un assassino al servizio dello Stato. Io che sono stato un operaio agricolo, un professionista del cinema e della televisione e che oggi sono un medico oculista. Io ho ucciso più gente di quella che potrei mettere al mondo in 50 anni. E a vent'anni avevo ucciso più gente di quanti amici avessi. Io che ho visto la guerra dal di dentro, so cos'è. Potrei stare ore a raccontarti cose una più macabra dell'altra. Ma preferisco questi piccoli cenni, altrimenti sarebbe di cattivo gusto.
Avete visto quelle statue ai grandi uomini, al soldato eroico? Nelle piazze? Bene. Questo non ha niente a che vedere con il balbettio del soldato che la battaglia ha sconvolto. Morto di fame, di freddo, di sete, di paura, indolenzito, stanco, appena finisce la battaglia si butta a terra con gli occhi fuori dalle orbite, fra i suoi compagni, amici o nemici, vivi o morti, a riposare. Ma la sua anima non riposa.
Meno male che le madri non vedono i figli sventrati, non vedono com'è ridotta la loro faccia, quando un proiettile gliel'ha spappolata, il suo bel viso di ragazzo o quando ha calpestato una mina o quando una granata lo ha fatto a pezzi, tanto che neppure le scarpe sono rimaste.
Mi fa venire la nausea leggere di persone che invocano la guerra. Mi fa schifo leggere quegli articoli di uomini politici che parlano della guerra come tu ed io parliamo di andare a fare una passeggiata o di fare l'amore con la nostra moglie. Che parlano di come mandare alla morte migliaia di ragazzi, come tu ed io parliamo dell'educazione dei nostri figli. E tutto per qualche pozzo di petrolio. Sempre soldi di mezzo.
Io mi sono guadagnato una medaglia. Lasciammo litri di sangue al fronte. Io personalmente ho assistito a 168 sepolture di ragazzi del mio reggimento. Abbiamo vinto, dissero i giornali. Ci siamo guadagnati un trattamento da eroi. Trattamento psicologico. Ma la faccia sporca della guerra è presente giorno e notte. E' una ferita aperta, sanguinante, purulenta sulla faccia dell'Umanità. Ma sempre, sempre troverai degli idioti che sventoleranno la bandiera della guerra.
Troverai sempre dei giovani, ingannati, che si arruoleranno contro questo o quel sistema e andranno in guerra. Professionisti che vivono della spada. Professionisti che studiano e investono fortune in armi moderne, superbombe, aerei supersonici, invece di investirli nel bene dell'Umanità.
Io sono uno di questi. Né più né meno. Né il migliore né il peggiore. Ho svolto bene il mio incarico. Ho liquidato, assassinato, sabotato, accoltellato centinaia di uomini, qualche volta un vecchio e qualche volta una donna. Non so. Ho la mia colpa, ed è mia. Vivo insieme a lei e mai, mai ho chiesto misericordia.
So cosa vuol dire tornare dal fronte, e già dopo due mesi non sei più l'eroe, sei quello che deve cercare il modo di vivere con se stesso. Non ti riconosci più. Sei un altro. Un assassino. Con le tue medaglie, i tuoi ricordi, e un gran vuoto nel cuore e un nodo allo stomaco. E una gran confusione nel cervello. E migliaia di fantasmi nei tuoi sogni.
Solo a questo serve la guerra. Per uccidere e rendere inumano l'essere umano. Continuo a non capire quelli che appoggiano questa barbarie. Quando vedo i documentari degli anni precedenti alla mia guerra: Vietnam, Indocina, Sinai, Kenya, Algeria, Laos, Nicaragua, Cuba, Europa....e vedo tutta quella gente che va a combattere con aria di trionfo: non li capisco. Non li capivo allora, e adesso ancora meno.
Un vecchio soldato yankee, del Vietnam, mi diceva una notte di ricordi amari, a Madrid, dove eravamo allora, nel '77: "Fratello, sul nostro viso sono segnati 30.000 anni di barbarie. Siamo i migliori, perché siamo rimasti vivi per raccontarlo".
Adesso lo capisco, e lo racconto. Non voglio concludere questo scritto con un NO ALLA GUERRA, perché sarebbe ripetitivo. Neppure con LASCIATECI GODERE IL MONDO, perché suona volgare. Voglio solo dire quello che ho detto. Siamo tutti abbastanza grandi per finire come meglio credete. Io non sono né un giudice né un giurato. Per molti anni sono stato un carnefice e questo mi basta. L'umanità giudicherà.

lettera di un ex ufficiale di uno Stato in guerra

lunedì 12 dicembre 2011

E tu esiterai



E tu esiterai, e per di piú t’indignerai di dover morire?
Tu cui è morta la vita mentre ancora sei vivo
e vedi e consumi nel sonno la parte maggiore del tempo,
e pure da sveglio dormi e non smetti di vedere sogni,
e hai l’animo tormentato da vane angosce,
né riesci a scoprire qual sia cosí spesso il tuo male,
mentre ebbro e infelice ti incalzano da ogni parte gli affanni
e vaghi oscillando nell’incerto errare della mente.

Lucrezio, De Rerum Naturae, III, vv. 1045-1052

sabato 10 dicembre 2011

L'errore è credere che la vita sia immutabile



Sai qual' è l'errore che si fa sempre? Quello di credere che la vita sia immutabile, che una volta preso un binario, lo si debba percorrere fino in fondo.
Il destino, invece, ha molta più fantasia di noi.
Proprio quando credi di trovarti in una situazione senza via di scampo, quando raggiungi il picco della disperazione massima, con la velocità di una raffica di vento, tutto cambia, si stravolge, e da un momento all'altro ti trovi a vivere una nuova vita.
Lungo i bivi della tua strada, incontri le altre vite, conoscerle o non conoscerle, viverle a fondo o lasciarle perdere, dipende soltanto dalla scelta che fai in un attimo; anche se non lo sai, tra proseguire dritto o deviare, spesso si gioca la tua esistenza e quella di chi ti sta vicino.

Susanna Tamaro - Va dove ti porta il cuore

venerdì 9 dicembre 2011

Sognare e credere



Per compiere grandi passi non dobbiamo solo agire, ma anche sognare, non solo pianificare, ma anche credere.

Anatole France - scrittore francese e premio Nobel per la letteratura nel 1921

giovedì 8 dicembre 2011

Quelli che non sono mai caduti


Io non amo la gente perfetta,
quelli che non sono mai caduti,
che non hanno inciampato.
La loro è una virtù spenta, di poco valore.
A loro non si è svelata la bellezza della vita.

Boris Pasternak

mercoledì 7 dicembre 2011

Il nostro opposto e il nostro completamento



La nostra meta non è di trasformarci l'un l'altro,
ma di conoscerci l'un l'altro e d'imparar a vedere e a rispettare nell'altro
ciò che egli è: il nostro opposto e il nostro completamento.

Hermann Hesse - Narciso e Boccadoro

lunedì 5 dicembre 2011

Un computer per incasinare le cose!



Errare è umano,
ma per incasinare veramente
le cose ci vuole un computer!

Quinta legge dell' inattendibilita', dalle leggi di Murphy_Paul Ehrlich

...in questi giorni ne ho avuta la certezza...lol

mercoledì 30 novembre 2011

Non sono i fatti che contano nella vita, conta solo ciò che grazie ai fatti si diventa



Sabato sera, mezzanotte e mezzo. Ci sono cartelli dappertutto “Vietato agli ebrei”. Ci vietano persino l’accesso alle strade. Ma sopra quell’unico pezzo di strada che ci rimane c’è pur sempre il cielo, tutto quanto... Non possono umiliarci più di tanto. Per umiliare qualcuno si deve essere in due: colui che umilia, e colui che è umiliato e soprattutto: che si lascia umiliare. Se manca il secondo, e cioè se la parte passiva è immune da ogni umiliazione, questa evapora nell’aria. (...)
Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e “lavorare a se stessi” non è proprio una forma di individualismo malaticcio. Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l’unica soluzione possibile. E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel pezzetto d’eternità che ci portiamo dentro può essere espresso in una parola come in dieci volumoni. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio nell’anno del Signore 1942, l’ennesimo anno di guerra.
Le mie battaglie le combatto contro di me, contro i miei proprio demoni: ma combattere in mezzo a migliaia di persone impaurite, contro fanatici furiosi e gelidi che vogliono la nostra fine, no, questo non è proprio il mio genere. Non ho paura, non so, mi sento così tranquilla. Mi sento in grado di sopportare il pezzo di storia che stiamo vivendo, senza soccombere. Mi sembra che si esageri nel temere per il nostro corpo. Lo spirito viene dimenticato, s'accartoccia e avvizzisce in qualche angolino. Viviamo in un modo sbagliato, senza dignità. Io non odio nessuno, non sono amareggiata: una volta che l'amore per tutti gli uomini comincia a svilupparsi in noi, diventa infinito.
Bene, io accetto questa nuova certezza: vogliono il nostro totale annientamento. Ora lo so: continuo a lavorare e a vivere con la stessa convinzione e trovo la vita ugualmente ricca di significato, anche se non ho quasi più il coraggio di dirlo quando mi trovo in compagnia.
La vita e la morte, il dolore e la gioia e persecuzioni, le vesciche ai piedi e il gelsomino dietro la casa, le innumerevoli atrocità, tutto, tutto è in me come un unico, potente insieme e come tale lo accetto e comincio a capirlo sempre meglio.
Un'altra cosa ancora dopo quella mattina: la mia consapevolezza di non essere capace di odiare gli uomini malgrado il dolore e l'ingiustizia che ci sono al mondo, la coscienza che tutti questi orrori non sono come un pericolo misterioso e lontano al di fuori di noi, ma che si trovano vicinissimi e nascono dentro di noi: e perciò sono meno più familiari e assai meno terrificanti. Quel che fa paura è il fatto che certi sistemi possono crescere al punto da superare gli uomini e da tenerli stretti in una morsa diabolica, gli autori come le vittime.

Etty Hillesum - Diario di Etty Hillesum 1941-1943, Adelphi, Milano 1985, pp. 126-127

Etty Hillesum



Nata nel 1914 in Olanda da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica, Etty Hillesum muore ad Auschwitz nel novembre del 1943. Ragazza brillante, intensa, con la passione della letteratura e della filosofia, si laurea in giurisprudenza e si iscrive alla facoltà di lingue slave; quando intraprende lo studio della psicologia, divampa la seconda guerra mondiale e con essa la persecuzione del popolo ebraico. Durante gli ultimi due anni della sua vita, scrive un diario personale: undici quaderni fittamente ricoperti da una scrittura minuta e quasi indecifrabile, che abbracciano tutto il 1941 e il 1942, anni di guerra e di oppressione per l’Olanda, ma per Etty un periodo di crescita e, paradossalmente, di liberazione individuale.

Sotto l’aspetto vivace e spontaneo, Etty è profondamente infelice: in preda a sfibranti malesseri fisici, scopre a poco a poco che questi sono in relazione con tensioni di ordine spirituale. Forse anche a seguito di carenze educative e vuoti affettivi dovuti al burrascoso matrimonio dei suoi genitori, in quel periodo Etty vive relazioni sentimentali complicate, che la lasciano “lacerata interiormente e mortalmente infelice”.
Dopo tanti errori, finalmente l’incontro decisivo con uno psicologo ebreo tedesco, Spier, molti anni più anziano di lei, che si rivela ben più di un terapeuta: attraverso le contraddizioni di una relazione complessa, inizialmente anche ambigua, egli la guida in un percorso di realizzazione umana e spirituale. L’aiuta a conoscere e ad amare la Bibbia, le insegna a pregare, le fa conoscere S. Agostino ed altri autori fondamentali della tradizione cristiana: sarà per Etty un mediatore fra lei e Dio. Seguendo quindi un proprio itinerario, Etty matura una sensibilità religiosa che da’ ai suoi scritti una grande dimensione spirituale.

La parola “Dio” compare anche nelle prime pagine del diario, usata però quasi inconsapevolmente, come spesso accade nel linguaggio quotidiano. A poco a poco però Etty va verso un dialogo molto più intenso con il divino, che percepisce intimo a se stessa:
Quella parte di me, la più profonda e la più ricca in cui riposo, è ciò che io chiamo Dio”.

Ormai libera dagli errori del passato, si avvia sulla strada del dono di sé a Dio ed ai fratelli, nel suo caso il popolo ebraico, la cui sorte sceglie di condividere pienamente.
Lavora per un breve periodo in una sezione del Consiglio Ebraico di Amsterdam. Grazie a ciò, nel 1942, avrebbe avuto la possibilità di aver salva la vita, invece sceglie di non sottrarsi al destino del suo popolo. Quasi subito chiede il trasferimento a Westerbork, il campo di "smistamento" dove transitarono migliaia di ebrei olandesi in attesa di deportazione e quindi si avvia al campo di sterminio con gli altri ebrei prigionieri: è infatti convinta che l’unico modo per render giustizia alla vita sia quello di non abbandonare delle persone in pericolo e di usare la propria forza interiore per portare luce nella vita altrui.
Lavora nell'ospedale del campo - con alcuni rientri ad Amsterdam - dall'agosto 1942 al 7 settembre 1943, data in cui Etty, suo padre, sua madre e Misha furono caricati sul treno dei deportati diretto in Polonia. Morì ad Auschwitz il 30 Novembre 1943.

Quando Etty inizia la stesura del diario la guerra era nel pieno del suo svolgimento, e il cerchio cominciava a stringersi intorno agli ebrei olandesi: erano costretti a brutali restrizioni, radunati nel ghetto di Amsterdam, poi inviati nei campi di "smistamento" in un'attesa più o meno lunga di deportazione nei campi di sterminio. Questo fu il contesto in cui Etty visse e in qualche modo comunicò a chi le stava intorno l'atteggiamento affermativo assoluto verso la vita, oltre ogni pessimismo, che la rese, come lei stessa si definì, "il cuore pensante della baracca".

I sopravvissuti del campo hanno confermato che Etty fu fino all’ultimo una persona “luminosa”.
Al momento della sua partenza definitiva per il campo di sterminio Etty, che presagisce la fine, chiede ad un’amica olandese di nascondere i suoi quaderni e di farli avere ad uno scrittore di sua conoscenza, a guerra finita.

I manoscritti, così difficili da decifrare a causa della grafia, passano così per anni da un editore all’altro, senza che nessuno ne intuisca l’importanza, fino a che nel 1981 giungono nelle mani dell’editore De Haan che, pubblicandoli, finalmente riporta alla luce la storia di Etty Hillesum, permettendo così ai lettori di tutto il mondo di conoscere la ricchezza di un’esperienza interiore che, anche di fronte alla sofferenza estrema, sa lodare la vita e viverla con pienezza di senso.

fonte:

lunedì 28 novembre 2011

Amo in te


Amo in te
l'avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l'audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l'impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.

Amo in te l' impossibile
ma non la disperazione.

Nazim Hikmet

sabato 26 novembre 2011

15° Giornata della Colletta Alimentare


Oggi si è tenuta in tutt' Italia la 15ª edizione della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare.
È un'occasione per sensibilizzare la società civile al problema della povertà attraverso l'invito a un gesto concreto di gratuità e di condivisione: fare la spesa per chi ha bisogno.
Accanto alla operosa attività quotidiana di recupero di eccedenze alimentari da destinare ai più poveri del nostro paese, il Banco Alimentare organizza ogni anno, l´ultimo sabato di novembre, la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare.
Durante questa giornata, presso una fittissima rete di supermercati coinvolti su tutto il territorio nazionale, ciascuno ha donato parte della propria spesa per rispondere al bisogno di quanti vivono nella povertà.

È un grande spettacolo di carità : l'esperienza del dono eccede ogni aspettativa generando una sovrabbondante solidarietà umana.

Sunwand


fonte:
http://www.bancoalimentare.it/colletta-alimentare-2011/home

giovedì 24 novembre 2011

Imparare qualcosa



Il rimedio migliore per quando si è tristi - replicò Merlino, cominciando ad aspirare e mandar fuori boccate di fumo, - è imparare qualcosa.
E' l'unico che sia sempre efficace. Invecchi e ti tremolano mani e gambe, non dormi alla notte per ascoltare il subbuglio che hai nelle vene, hai nostalgia del tuo unico amore, vedi il mondo che ti circonda devastato da pazzi malvagi, oppure sai che nelle chiaviche mentali di gente ignobile il tuo onore viene calpestato. In tutti questi casi vi è una sola cosa da fare: imparare. Imparare perché la gente parla tanto e che cosa la fa parlare. E' l'unica cosa che la mente non riesca mai ad esaurire, mai ad alienare, mai ad esserne torturata, mai a temere o a diffidare, mai a sognarsi di esserne pentita. Imparare è il rimedio per te.

Terence Hanbury White, The Once and Future King, C.P.

mercoledì 23 novembre 2011

Il lavoro è amore rivelato



Il lavoro è amore rivelato.
E se non riuscite a lavorare con amore,
ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e,
seduti alla porta del tempio,
accettare l'elemosina di chi lavora con gioia.
Poiché se cuocete il pane con indifferenza,
voi cuocete un pane amaro,
che non potrà sfamare l'uomo del tutto.
E se spremete l'uva controvoglia,
la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.
E anche se cantate come angeli,
ma non amate il canto,
renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e della notte.

Kahlil Gibran - Il profeta

martedì 22 novembre 2011

La causa dei nostri mali



Ma la causa vera di tutti i nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual è? La democrazia, mio caro, la democrazia, cioè il governo della maggioranza. Perché, quando il potere è in mano d'uno solo, quest'uno sa d'esser uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar se stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa; la tirannia mascherata da libertà. 

Luigi Pirandello - Il fu Mattia Pascal - cap. XI; 1973, p. 448

lunedì 21 novembre 2011

Anime inscindibili



Talvolta succede che due anime si incontrino per formarne una sola. Allora dipenderanno per sempre l'una dall'altra. Sono inseparabili e non smetteranno di ritrovarsi, di vita in vita. Se nel corso di una di queste esistenze terrestri una metà si separa dall'altra, rompe il giuramento che le lega, le due anime allora si spegneranno. Non possono continuare il viaggio separate.

Marc Levy - La prossima volta

domenica 20 novembre 2011

Il cielo dell' anima



Il segreto del pastore

Un uomo aveva sempre il cielo dell'anima coperto di nere nubi. Era incapace di credere alla bontà. Soprattutto non credeva alla bontà e all'amore di Dio. Un giorno mentre errava sulle colline che attorniavano il suo villaggio, sempre tormentato dai suoi scuri dubbi, incontrò un pastore. Il pastore era un brav'uomo dagli occhi limpidi. Si accorse che lo sconosciuto aveva l'aria particolarmente disperata e gli chiese:
"Che cosa ti turba tanto, amico?'".
"Mi sento immensamente solo".
"Anch'io sono solo, eppure non sono triste".
"Forse perché Dio ti fa compagnia..."
"Hai indovinato".
"Io invece non ho la compagnia di Dio. Non riesco a credere al suo amore. Com'è possibile che ami gli uomini uno per uno? Com'è possibile che ami me?".
"Vedi laggiù quel villaggio?", gli chiese il pastore, "Vedi le finestre di ogni casa?"
"Vedo tutto questo".
"Allora non devi disperare. Il sole è uno solo, ma ogni finestra della città, anche la più piccola e la più nascosta, ogni giorno viene baciata dal sole, nell'arco della giornata. Forse tu disperi perché tieni chiusa la tua finestra".

sabato 19 novembre 2011

Educare alla legalità


Prima di parlare di giustizia e legalità bisogna parlare di libertà. Il primo compito che ci affida la vita è liberare chi libero non è. Chi è senza lavoro, o perde il lavoro, non è una persona libera. Il cristiano, nel rispetto di tutti, deve battersi per difendere la libertà e la dignità di ciascuno. Perché la speranza o è di tutti o non è speranza.
(...)
In un mondo di ingiustizie sempre più intollerabili, la speranza rischia di diventare un bene alla portata di pochi. Vogliamo dire no a questa “falsa” speranza, esclusiva, fondata sulla disperazione degli esclusi.
(...)
Non bisogna confondere la legalità con la giustizia – ha proseguito don Ciotti – pensando che siano sinonimi. Legalità è la saldatura tra la giustizia e la responsabilità individuale. Oggi l’Italia vive in un coma etico, ma sarebbe sbagliato puntare tutto sulle regole. Il fine ultimo resta quello della giustizia, realizzazione effettiva dell’uguaglianza. Le leggi sono solo un mezzo per realizzarla.
(...)
Nessun cambiamento sarà mai possibile se non partiamo da noi stessi. Il passo successivo è quello di educare alla responsabilità. In una società, quella di oggi, che comunica molto ma si relaziona poco, l’unità di misura dev’ essere quella dell’ascolto e della reciprocità. Ognuno deve sentire il compito di educare, per combattere i peccati di superficialità, i tanti saperi di seconda mano che oggi imperversano.
(...)
Prima di essere economica la crisi è di moralità e di diritti.
(...)
Alla cattiva politica non si risponde con la fuga dalla responsabilità ma con un' ulteriore presa di responsabilità.

Don Luigi Ciotti - 7 novembre 2011 - primo appuntamento "Educare alla legalità" - 7°settimana sociale diocesana


Don Ciotti ricorda:

“Alla fine della vita nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati CREDENTI, ma quanto siamo stati CREDIBILI”.

Rosario Livatino, magistrato ucciso dalla mafia nel 1990


“Speranza è avere il coraggio di vedere come le cose possono andare”

Sant'Agostino

Altro:
Per questi temi: Don Luigi Ciotti - “La speranza non è in vendita” (edizioni Giunti)

“Don Luigi Ciotti è maestro e testimone. Per questo lo si ascolta con attenzione. Perché, come disse Paolo VI, l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”.

Douglas Regattieri - vescovo di Cesena-Sarsina

venerdì 18 novembre 2011

L'unica strada



L'Angelo della Morte bussò un giorno alla casa di un uomo.
"Accomodati pure" disse l'uomo. "Ti aspettavo".
"Non sono venuto per fare due chiacchiere "disse l'Angelo, "ma per prenderti la vita".
"E che altro potresti prendermi?"
"Non so. Ma tutti, quando giungo io, vorrebbero che io prendessi qualsiasi cosa, ma non la vita. Sapessi quali offerte mi fanno!".
"Non io. Non ho nulla da darti. Le gioie che mi sono state donate le ho godute. Mi sono divertito, ma senza fare del divertimento lo scopo della mia vita. Gli affanni, li ho affidati al vento. I problemi, i dubbi, le inquietudini li ho affidati alla provvidenza. Ho utilizzato i beni terreni solo per quanto mi erano necessari, rinunciando al superfluo. Il sorriso, l'ho regalato a quanti me lo chiedevano. Il mio cuore a quanti ho amato e mi hanno amato. La mia anima l'ho affidata a Dio. Prenditi dunque la mia vita, perché non ho altro da offrirti".
L'Angelo della Morte sollevò l'uomo fra le sue braccia e lo trovò leggero come una piuma. All'uomo la stretta dell'Angelo parve tenerissima. E il Signore spalancò le porte del Paradiso perché stava per entrarvi un santo...

giovedì 17 novembre 2011

La fine del mondo



Quello che il bruco chiama fine del mondo il resto del mondo chiama farfalla.

Lao Tse

mercoledì 16 novembre 2011

Io vi mostrerò una via migliore di tutte


Se anche parlassi
le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi l’amore,
sono come un bronzo che risuona
o un cembalo che fa rumore.

E se anche avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza;
e se anche  possedessi tutta la fede,
sì da trasportare le montagne,
ma non avessi l’amore, non sono niente.

E se anche distribuissi tutte le mie sostanze
e se anche dessi il mio corpo per essere bruciato,
ma non avessi l’amore, non mi giova nulla.

L’amore è magnanimo,
è benigno l’amore,
non è invidioso,
l’amore non si vanta,
non si gonfia,
non manca di rispetto,
non cerca il suo interesse,
non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell’ingiustizia,
ma si compiace della verità;

tutto scusa,
tutto crede,
tutto spera,
tutto sopporta.

L’amore non avrà mai fine.

Al presente, dunque, rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e l’amore; ma la più grande di queste è l’amore.

Prima Lettera ai Corinzi
12,31;13,1-8;13,13

martedì 15 novembre 2011

La Vita


La vita è un’opportunità, coglila
La vita è bellezza, ammirala
La vita è beatitudine, assaporala
La vita è un sogno, fanne una realtà
La vita è una sfida, affrontala
La vita è dovere, compilo
La vita è gioco, giocalo
La vita è preziosa, abbine cura
La vita è una ricchezza, conservala
La vita è amore, godine
La vita è un mistero, scoprilo
La vita è promessa, adempila
La vita è tristezza, superala
La vita è inno, cantalo
La vita è una lotta, combattila
La vita è un’avventura, corrila
La vita è felicità, meritala

La vita è la vita, difendila.

Madre Teresa di Calcutta

lunedì 14 novembre 2011

...dal modo in cui tratta i suoi animali



La grandezza di una nazione e i suoi progressi morali possono essere giudicati dal modo in cui tratta i suoi animali.

Mahatma Gandhi

venerdì 11 novembre 2011

San Martino



San Martino

Veniva un cavaliere per la via
e il vento e il gelo gli eran compagnia.
Il cavaliere, nel mantello avvolto,
andava silenzioso, in sé raccolto.
Sul ciglio della strada era un mendico
infreddolito come non vi dico.
Fermò il guerriero il suo caval morello
e, con la spada, dimezzò il mantello.
Tieni, fratello - il cavaliere disse,
e il povero quel dono benedisse.
Il ciel divenne azzurro d'improvviso,
e il sole l'inondò del suo sorriso.
Così al venir della stagione amara,
per San Martino il cielo si rischiara;
ride la terra nell'estate breve,
quand'è già per venir la bianca neve.

Comassi Monchieri

mercoledì 9 novembre 2011

Amico, perché sei...


Amico, perché sei il legame che unisce, ma non imprigiona.
Amico, perché sei la brezza che placa, ma non addormenta.
Amico, perché sei il fratello che corregge, ma non umilia.
Amico, perché sei lo sguardo che scruta, ma non giudica.
Amico, perché sei la mano che accompagna, ma non forza.
Amico, perché sei l'oasi che ristora, ma non trattiene.
Amico, perché sei il cuore che ama, ma non esige.
Amico, perché sei la tenerezza che protegge, ma non assoggetta.
Amico, perché sei immagine di Dio, appunto per questo

Elena Oshiro

lunedì 7 novembre 2011

La storiella degli scalpellini



Turista: «Buongiorno, buon uomo, posso chiederle cosa sta facendo?»

I° scalpellino: «Eh, signor mio, una vita grama sto facendo. Tutto il santo giorno a menar martellate a questi sassi, solo perché qualche uomo potente lo pretende!»

Turista: «Mi dispiace tanto. La saluto... (si rivolge ad un altro scalpellino) Buongiorno, buon uomo, posso chiedere anche a lei cosa sta facendo?»

II° scalpellino: «Certo, signore. Vede? Io devo trasformare questi massi informi in pietre perfettamente squadrate e della giusta misura. Non è facile, sa? Ma è una bella soddisfazione riuscire a fare un lavoro senza troppe imperfezioni come quella pietra lì.»

Turista: «Interessante, grazie. (si rivolge ad un terzo scalpellino) Buongiorno, buon uomo, e lei, cosa sta facendo?»

III° scalpellino: «Io, signore? Io sto costruendo una grande cattedrale!»


Anche nel nostro piccolo siamo destinati a qualcosa di grande!!

domenica 6 novembre 2011

Il primo posto nella vostra esistenza



Cari giovani, offrite anche voi al Signore l’oro della vostra esistenza, ossia la libertà di seguirlo per amore, rispondendo fedelmente alla sua chiamata;
fate salire verso di Lui l’incenso della vostra preghiera ardente, a lode della sua gloria;
offritegli la mirra, l’affetto cioè pieno di gratitudine per Lui, vero Uomo, che ci ha amati fino a morire.
Siate adoratori dell’unico vero Dio, riconoscendogli il primo posto nella vostra esistenza!

Benedetto XVI, 21 agosto Colonia, XX GMG

sabato 5 novembre 2011

Siediti e aspetta



E quando poi davanti a te si apriranno tante strade
e non saprai quale prendere,
non imboccarne una a caso,
ma siediti e aspetta. (…)
Stai ferma,
in silenzio,
e ascolta il tuo cuore.
Quando poi ti parla,
alzati e va’ dove lui ti porta.

Susanna Tamaro - Va dove ti porta il cuore

venerdì 4 novembre 2011

L’amore non bisogna implorarlo e nemmeno esigerlo



L’amore non bisogna implorarlo e nemmeno esigerlo.
L’amore deve avere la forza di attingere la certezza in se stesso.
Allora non sarà trascinato, ma trascinerà.

Hermann Hesse

Grazie amore mio per questi 3 anni insieme!

Sunwand

giovedì 3 novembre 2011

"terra e cielo" oppure "fango e stelle"


Fango e stelle...Quando ho iniziato questo blog due erano i titoli papabili: "terra e cielo" oppure "fango e stelle".

Non ho cercato su internet, su google, cosa, scrivendo queste coppie di nomi, sarebbe venuto fuori... Forse avrei dovuto... vabbè. Il fatto sta che "terra e cielo" già esisteva, quindi "fango e stelle" è stato il nome definitivamente scelto.
Ma "fango e stelle" è soprattutto una canzone e un album di E.Ruggeri...e l'ho scoperto dopo!
La canzone c'entra, però, almeno qualcosa con me?
In parte sì, in parte no...Quello che vorrei dire è che la scelta di "fango e stelle" non ha nulla a che vedere, in particolare nella sua gestazione, con la canzone di Ruggeri.

Perché
Fango e stelle è:
Essere saldi per terra ma volgere gli occhi al cielo.
Creare con la materia che abbiamo e ringraziare le stelle che ce l ' hanno donata.
Lamentarsi o ringraziare per ciò che abbiamo.
Affrontare gli ostacoli di ogni giorno ma essere sereni e tenaci.
Danzare nella propria vita.
Guardare l'immensità e, nonostante la nostra piccolezza, sentirci pervadere da essa.
Occuparsi degli elementi quotidiani, l'orizzontalità, in relazione con la verticalità....
...e chi ne ha più ne metta!
Questo è fango e stelle.

Sunwand



"Siamo tutti nati nel fango
ma alcuni guardano alle
stelle"

Oscar Wilde

Fango e Stelle



Facce sulla carta, telegiornale,
mani sulla torta, tra gli sconti eccezionali
e gli applausi ai funerali: animali.

La commozione, l'indignazione,
la protesta, la nazione,
la delazione:che baraccone……

E nei locali ipnotici,
nelle vacanze ai tropici,
la vita piano arranca
tra una settimana bianca
e le piccole ambizioni da travet.

Anch'io sono nel fango
però guardo su le stelle
e le vedo così belle,
perché l'anima è un concetto senza età:
né famiglia, né bandiera.
E la mia anima è leggera come me
che volo via
con la forza del pensiero.
E questo mondo per intero non mi avrà:
io volo.

E il mondo che scivola è un vecchio serpente:
niente più persone ma soltanto gente
lungo la corrente, indolente.

Appiattiti, imbruttiti;
siamo stati omologati,
allineati, arruolati.

E dentro notti inutili
e lungo giorni immobili,
la vita si consuma
più leggera di una piuma
e si cerca il contenuto
che non c'è.

Anch'io sono nel fango
però guardo su le stelle
e le vedo così belle,
perché l'anima non puoi legarla mai
quando è libera e straniera.
Se resta un' anima che in vendita non è,
è quella mia,
perché corre più del vento.
Ascolta ancora il movimento dentro me:
io volo.

Enrico Ruggeri - Fango e Stelle - 1996
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